La società dei tornei: l’aristocrazia che guerreggia
Due cavalieri dalle armature scintillanti che si scontrano con la lancia tesa obliquamente solo per essere premiati dalla dama più bella! Probabilmente questa è l’immagine della tradizione cavalleresca medievale che in molti hanno. Tuttavia, considerare le gesta dei cavalieri solo come una serie di giochi necessari a intrattenere l’aristocrazia non solo non è realistico, ma anche molto riduttivo.
In realtà, nel Medioevo non esisteva una gran differenza tra guerre e tornei. Questi ultimi, infatti, rappresentavano un interessante espediente, capace di assolvere a un duplice scopo: addestrare cavalieri e aspiranti tali in previsione di possibili scenari bellici e limitare o dirimere le contese signorili e i conflitti locali.
Con il passare degli anni, all’utilità militare si affiancò un interesse legato al prestigio.
Ogni cavaliere ambizioso sceglieva di partecipare a un torneo per catturare l’attenzione di qualche nobile e avere così la possibilità di fare carriera.
Molto spesso i cavalieri che si sfidavano facevano parte della classe aristocratica e, di conseguenza, non perdevano occasione per sfoggiare armature all’avanguardia e addobbi ornamentali che potessero testimoniare la loro appartenenza a un ceto sociale elitario.
La città di Bologna vanta una tradizione cavalleresca secolare, protratta fino al XVIII secolo e testimoniata da un’ampia collezione di armature, armi, elmi e oggetti bellici che ci permettono di fare un salto indietro nel tempo e catapultarci nel bel mezzo di Piazza Maggiore, arena delle giostre cavalleresche bolognesi dal XII al XVIII secolo.
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Elmetto da cavallo
1570 – 1590 ca.
Sella da parata
1440 ca.
Cassettina bentivolesca
Sec. XV
Brocca
Periodo mamelucco (regno di Qalawun 1279-1290)
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